Come iniziare a sviluppare il proprio Author Rank [SEO]
Qualche mese fa vi parlai un po’ in dettaglio dell’Author Rank, quale forma di identificazione di un punteggio dei contenuti prodotti nel web in base alla persona a cui sono legati e alla sua autorevolezza. Quella dell’author rank si appresta ad essere probabilmente una nuova forma di classificazione dei contenuti finalizzata a migliorare i risultati di ricerca, permettendo più facilmente la distinzione tra contenuti di qualità e non, e tra contenuti di valore e contenuti “spazzatura”.
Obiettivo di Google è quindi quello di identificare se un determinato contenuto proviene da una persona autorevole (autorevolezza che sarà determinata da un insieme di fattori che riepilogherò tra poco) e fare in modo che la metrica oggi ancora utilizzata da Google, ovvero PageRank possa essere “corretto” in funzione del punteggio della persona a cui questi contenuti sono legati. Insomma per farla breve, non più un punteggio basato su link, che come sappiamo possono essere manomessi e non derivanti da azioni naturali, bensì un punteggio che magari si lega ancora ai link, ma che permetterà meglio di filtrare, riconoscendo gli autori e la loro rilevanza, quelli naturali da quelli non-naturali favorendo un ranking nei risultati di ricerca migliore per i primi.
(Immagini tratte da SeoMoz).
La strada verso l’author rank va avanti come programma di Google. Tutto è partito da un brevetto rilasciato nel 2005 sull’agent rank e poi ripreso verso settembre 2011 con la graduale implementazione dell’authorship per gli autori. Qualche giorno fa poi mi è arrivata una mail da Google che mi dava il benvenuto nel Programma Google Authorship e ciò dovrebbe farci capire come quella dell’authorship non dovrebbe più essere un “surplus” ma una strategia vera e propria da legare ad ogni progetto web editoriale.
Indice dei contenuti
Il futuro (o il presente?) di un sistema di ranking basato sugli autori
Che vantaggi può dare l’authorship markup agli utenti? Inizialmente si è parlato di aumento di click-through rate. In fondo anche l’authorship markup rientra tra i cosiddetti rich snippets (se non sai cosa sono approfondisci qui). Tuttavia credo che nel momento in cui vedremmo diverse faccine nei risultati di ricerca il vantaggio iniziale si verrebbe a perdere a meno che riusciamo a sviluppare una reputazione superiore. Esempio un post scritto da Danny Sullivan sarà più autorevole di uno scritto da me perché lui ha una reputazione web migliore della mia. Il vero vantaggio sarà però probabilmente proprio in termini di posizionamento nei risultati di ricerca, in quanto ora bisognerà sviluppare strategie basate sull’acquisizione di link in 3 modi:
- sviluppo di contenuti di qualità (post, video, webinar, infografiche, ricerche settoriali, libri, eventi, ecc.);
- sviluppo di una personalità autorevole legata al settore di appartenenza. Questo deriva dal punto 1; si diventa autorevoli perché l’utente inizia ad apprezzare e condividere quanto tu produci;
- sviluppo di un’interazione diffusa nelle reti sociali. Parte dell’interazione è legata alla tua reputazione in rete, ovvero prenderai +1, tweet e condivisioni perché sanno che sei autorevole nel tuo settore, ma buona parte bisognerà svilupparla impiegando del proprio del tempo a tessere relazioni con gli utenti.
Ora, prendete quello che dico con le pinze, ma credo che il futuro del ranking dei risultati di ricerca sarà sempre più orientato a determinare la natura dei tre punti che vi ho sopra elencato. Individuati quei 3 fattori sarà più facile filtrare i link (Google si fiderà di più se un utente autorevole acquisisce dei link rispetto ad uno non autorevole che desterà più sospetti).
Strategie di sviluppo dell’Author Rank
Benché non esiste ancora un vero author/agent rank in funzione è sempre bene muoversi in quella direzione anticipando i tempi, soprattutto dato i segnali che Google continua a dare relativamente all’importanza dell’authorship.
Innanzitutto si inizia dall’implementazione dell’author markup sui vostri siti web/blog. In questo nostro post trovate le indicazioni su come implementarlo tecnicamente su piattaforme wordpress e nella voce di Google le altre indicazioni (quelle più recenti) per l’ottenimento dell’attribuzione della paternità dei contenuti.
Testate poi il funzionamento dell’author markup nello strumento di rich snippets di Google, recentemente aggiornato nel design.
Sviluppo di contenuti di qualità.
Questi non sono trucchetti, dipende da voi. Dovete diventare un esperto del vostro settore. Con un blog, con delle ricerche, con gli eventi, ecc. dovete fare in modo di acquisire credibilità nel vostro settore. Più credibilità corrisponderà a maggiore fiducia nei vostri confronti da parte degli utenti ed è in fondo quello di cui Google ha bisogno: riconoscere maggiore fiducia nei contenuti e nei link perché determinati dal fattore umano-sociale.
Sviluppo di un’interazione diffusa.
La crescita del numero di followers nei vari social network dipende in gran parte anche dalla vostra reputazione come persona. Rand Fishkin di Seomoz è inserito in migliaia di cerchie su Google+ perché si è distinto in questi anni con i suoi post, le sue ricerche, i suoi eventi, i suoi libri ecc. Se pubblica un contenuto sul suo profilo Google+ riceve centinaia di commenti, condivisioni e +1 (e tutti questi segnali sociali contribuiscono ad aumentare il ranking dei post e dei siti ad egli associati) proprio perché è una persona credibile e di cui gli utenti si fidano. Ovviamente la socialità bisognerà anche svilupparla e si consiglia in questo caso di essere molto presenti e attivi in Google+ (cosa che il sottoscritto, per mancanza di tempo non fa) interagendo soprattutto con gli utenti della propria nicchia.
Sviluppare una strategia di Guest Posting.
Il guest posting torna ad essere importante se parliamo di author rank. Il concetto è piuttosto semplice: se io vado a scrivere su dei blog influenti della mia nicchia e ottengo la paternità dei miei contenuti su quel blog (ovvero chiedendo al blogger di implementare l’authorship del mio profilo G+ sul proprio blog) il mio profilo G+ ed i contenuti ad esso associati ne beneficeranno. Dall’altro lato il blog ne beneficerà perché avrà un autore in più riconosciuto per la sua influenza. Questo vuol dire che se intendiamo fare link building puntando al guest posting dovremo fare una bella selezione dei blog che pensiamo siano rilevanti e richiederne l’attribuzione dei contenuti.
Ed è probabilmente proprio questa la strada nella quale vorrà spingerci Google: produrre contenuti di qualità da diffondere attraverso l’attribuzione di paternità autore su siti rilevanti. E se avete capito il concetto, potrete capire come perché directories e siti di comunicati stampa perderanno sempre più valore 😉
Strategie di sviluppo dell’Author Rank
Mi accodo anche io alla domanda, il passo futuro sarà come i Brand la utilizzeranno
Ciao Dario, mi è tutto chiaro, per cui passo direttamente alla domanda. Come credi possa essere gestita al meglio e quindi “sfruttata” dal punto di vista della visibilità, questa cosa per un brand? finchè si parla di singole persone mi sembra tutto evidente, ma per un’azienda? Nel profilo+ comparirebbe l’avatar aziendale, non la faccia dell’autore?
Ciao @niguli:disqus e @google-d1eea4e57fd820272066bc723f077aa8:disqus , rispondo a entrambi. Giustamente quello di cui parlo nel post è applicabile per siti web e testate online che producono regolarmente contenuti editoriali, quindi post, articoli, ecc. i quali sarebbero i primi a beneficiarne dei contenuti. Come può sfruttarli un brand? Il processo per le aziende è più lungo ma non impossibile; innanzitutto dobbiamo deciderci a prevedere un corporate blog in ogni sito web. Un blog che non sia utilizzato come l’80% delle aziende fa ancora tutt’ora, ovvero come una sezione news “autopromozionale” da aggiornare ogni 3 mesi. E’ l’approccio che deve cambiare: ogni azienda deve munirsi di un editore di contenuti, che posti regolarmente sul macro-ambiente di riferimento in cui opera il proprio brand (ogni azienda ha ora una nicchia di riferimento a cui può in qualche modo legarsi e “interagire”) e sviluppare contenuti di quantità. Stessa cosa deve essere fatto sui social e su Google+ per l’appunto. Insomma sviluppare un brand a partire da una persona e non dal brand. Chiaramente deve apparire la faccina del singolo autore dei contenuti del brand (quindi l’editor o il community manager o chiunque si occupa di produrre e diffondere contenuti sui social e blog) anche perché Google+ vieta l’utilizzo di profili pubblici aziendali e l’authorship può essere implementata solo con i profili utenti. Attivarsi quindi sul blog aziendale e come utente su G+ aiuterebbe anche a posizionare il brand (pensiamo ad esempio ai guest post di uno che aggiorna regolarmente blog aziendale e social di un brand operante nel settore moda, sui maggiori fashion blogger italiani).
Spero di essere stato chiaro 🙂
Grazie per l’esaurientissima risposta Dario, risposta che mi sento di condividere pienamente.